Avv. Antonio Giulio Alagna – Avvocato di Impresa.
Delegato alle Relazioni Industriali per la Regione Siciliana di FederTerziario.
Il debutto della Direttiva UE 2019/1023 (c.d. Insolvency). Impatto sociale e Giuridico nel sistema italiano della Crisi di Impresa.
Dopo un lungo dibattito, il Consiglio dei Ministri in data 15.06.2022 ha approvato il Decreto Legislativo di attuazione della Direttiva UE 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (Direttiva Insolvency) che disciplina i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione, le interdizioni e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure, alle quali lo Stato Italiano è chiamato ad adeguarsi, e che nei prossimi giorni sarà pubblicato in GU.
Il corpo di norme di nuova emanazione va ad integrare il Codice della Crisi, tentando di armonizzarlo con le prescrizioni unionali.
In questa direzione sono stati resi pubblici gli ulteriori documenti di accompagnamento del provvedimento, che costituiscono solido riferimento per gli interpreti e gli operatori a più livelli operanti per affrontare le tante novità.
Il dibattito si trasferirà dal piano puramente ideologico – istituzionale a quello pratico, con l’auspicio che si mettano in funzione questi strumenti a beneficio delle imprese, senza mai dimenticare che all’interno delle stesse esiste un capitale umano di sicura valorizzazione. Utilizzando parole più autorevoli : “Le due cose più importanti non compaiono nel bilancio di un’impresa: la sua reputazione ed i suoi uomini” (cit. Henry Ford).
Il Decreto legislativo interviene nell’attuale contesto socio-economico- culturale contrastando gli effetti che la crisi ha prodotto sulle imprese, inserendo le misure che in uno scenario di quadro normativo europeo sono state ritenute efficaci e risolutive delle situazioni negative del ciclo economico in corso, con corrispondenti effetti di rilancio in termini squisitamente produttivi ed occupazionali.
Introduzione al contesto italiano e alla direttiva Insolvency
In Italia il processo storico di riforma e parificazione europea (non riferendosi alla Legge 3/2012 cd “Salvasuicidi”) prende l’avvio dalla Legge delega del 19 ottobre 2017, n. 155, che ha visto l’emanazione del Codice della crisi e dell’impresa (CCI) di cui al Decreto Legislativo n.14/ 2019, e le cui linee direttrici sono state modificate dal Decreto Legislativo n. 147 del 2020 (c.d. decreto correttivo), fino ai recenti interventi attuati con il Decreto Legge n. 118 del 2021, convertito, con modifiche dalla Legge n. 147/ 2021, che ha, disposto il rinvio al 31 dicembre 2023 dell’entrata in vigore della disciplina dell’allerta, mentre per numerose altre norme è stata prevista la postergazione dell’entrata in vigore e, infine, con il decreto-legge n. 152/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 233 – 2021 (artt. 30-ter, 30-quater, 30-quinquies e 30-sexies).
In tale panorama, nella Direttiva Insolvency vengono ancorati gli strumenti di allerta precoce, posti al fine di meglio aumentare l’efficienza delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, mediante l’incentivazione della richiesta da parte del debitore, in una fase molto anticipata, dell’accesso ai quadri e alle tecniche di ristrutturazione preventiva disponibili. Fondamentale è infatti la tempistica dell’avvio “tempestivo” dei quadri di ristrutturazione, affinché la crisi reversibile non si trasformi in una insolvenza irreversibile.
Gli obiettivi della direttiva Insolvency
Il provvedimento si compone di 52 articoli, distribuiti in due Capi: Capo I “Modifiche al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo n.14- 2019”, con gli articoli da 1 a 45, e Capo II “Disposizioni di coordinamento e abrogazioni e disposizioni transitorie,” con gli articoli da 46 a 52.
La direttiva Insolvency si prefigge vari obiettivi. In primis si propone di armonizzare la disciplina della crisi di impresa in tutti i paesi dell’Unione Europea su alcuni principi che riguardano la ristrutturazione dell’impresa in crisi e della impresa insolvente.
Ancora vi è l’obiettivo di creare principi comuni (unionali) sulle procedure di ristrutturazione. Inoltre compare l’introduzione di norme dirette a creare maggiori specializzazioni tra professionisti, giudici ed operatori del settore. Si prefigge infine un utilizzo maggiore degli strumenti informatici.
Su questi quattro obiettivi l’approccio della direttiva riguarda solo imprese e imprenditori, le imprese commerciali sottosoglia, l’imprenditore agricolo ed i professionisti. Questi ultimi infatti secondo le nozioni del Diritto Europeo rientrano nella nozione di impresa. Ne rimane esclusa l’area del sovraindebitamento (debitori civili).
All’articolo 25 quater del Decreto Legislativo di attuazione vi è la vistosa assenza dalla composizione negoziata degli OCC (Organismi di Composizione della crisi da sovraindebitamento) per le imprese sotto-soglia. Ulteriore indicazione data dalla Direttiva è quella di introdurre nella legislazione di tutti gli stati membri degli strumenti e dei sistemi di allerta, i cosiddetti “Early warning tools” – La cassetta degli attrezzi e degli strumenti, che segnalino un’allerta precoce. E cioè segnalazioni che possono avvenire o dall’interno dell’impresa o da soggetti esterni, che abbiano per loro natura a disposizione dati relativi all’attività dell’impresa, e che procedano a segnalare agli amministratori l’esistenza di possibili situazioni di criticità.
Nel Codice della Crisi è stata compiuta una operazione chirurgica di sostituzione di tutta la disciplina dell’allerta originariamente contenuta con la norma già emanata dal Codice della Crisi (col Decreto Legislativo 14 del 2019) ex art 2086 cod. civ, che impone alle imprese collettive costituite in forma societaria di istituire assetti adeguati, e rivolge alle imprese sotto-soglia l’avvertimento di adottare misure
idonee a rilevare quanto più precocemente possibile stadi di crisi. Col presupposto di intervenire tempestivamente affinché la crisi (reversibile) non degeneri in una insolvenza (irreversibile).
La disciplina, in cui la prospettiva dell’allerta giungeva alle segnalazioni inoltrate dal collegio sindacale all’OCRI (Organismo di composizione della crisi creato presso le camere di commercio), viene ad essere sostituita con le segnalazioni che vengono fatte dal collegio sindacale o dal sindaco unico agli amministratori.
Il legislatore avrebbe potuto mantenere l’allerta esterna soprattutto in riferimento a quelle segnalazioni che provengono dai creditori istituzionali qualificati quali l’Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate riscossione, INPS e INAIL quando il mancato pagamento debiti superi determinate soglie. Del resto a chiederlo era la Commissione Europea nell’ambito dei nostri impegni coi patti del PNRR.
La strada che si è percorsa è quella, invece, che vede le segnalazioni dei creditori qualificati essere rivolte all’impresa come invito ad accedere alla Composizione negoziata della crisi di impresa, sempre se ne ricorrono i presupposti di legge e le condizioni. Cambiano completamente i toni, invece, nella parte in cui si discute l’ambito dello schema di decreto legislativo sugli obblighi dell’imprenditore, con riferimento agli assetti adeguati, e più esattamente nella parte in cui si dice esplicitamente che questi obblighi comportano l’istituzione di un sistema di rilevazione dell’andamento dell’impresa, che consenta di adempiere al test di ingresso e alla compilazione della lista di controllo che sono previsti dal Decreto Dirigenziale emanato dal Ministero della Giustizia per accedere alla composizione negoziata.
In buona sostanza: un’impresa deve essere sempre in grado di valutare quali sono i flussi di cassa ( o quali saranno i flussi di cassa) nei 12 mesi successivi, e valutare quindi se si trova in condizioni di crisi di liquidità. In questa direzione il Decreto Dirigenziale emanato dal Ministero della Giustizia fa propri tutta una serie di insegnamenti di base della disciplina aziendale.
Tra i quadri di ristrutturazione rimangono: il concordato preventivo (in continuità e in liquidità) e gli accordi di ristrutturazione. A questi si aggiunge una procedura nuova: “Il piano di ristrutturazione omologato” soggetto quindi ad omologazione, che già i primi commentatori hanno riassunto con la sigla “PRO”, che ha delle caratteristiche diverse ma molto simili alla disciplina del concordato preventivo.
In termini pratici il piano deve essere approvato dalle classi, rappresentate dai diversi creditori. A loro volta le classi si formeranno secondo la natura giuridica ed economica, andando così a rappresentare crediti omogenei.
Direttiva Insolvency, modus operandi
La direttiva si limita a sancire che devono esistere almeno una classe di creditori privilegiati ed una classe di creditori chirografari. Va da se che se i creditori hanno diverso privilegio o sono titolari di una diversa garanzia dovranno formarsi più classi, e questo porterà non pochi problemi nel nostro ordinamento in merito alla suddetta formazione delle classi, poiché questa norma è stata studiata prevalentemente sugli ordinamenti di Paesi Europei come la Germania, l’Olanda e l’Austria, i quali hanno abolito i privilegi, concorrendo solo con le garanzie reali.
I francesi hanno risolto semplificando la disciplina dei privilegi e limitando il voto delle stesse classi.
La linea guida che ha permesso questo orientamento si riassume nella circostanza di diritto che la Direttiva è permissiva di voto verso le imprese di certe dimensioni, escludendo le piccole e medie e imprese. Il voto secondo la direttiva avverrà in varie possibili forme. Principalmente si può verificare l’ipotesi che tutte le classi aderiscano. In questo caso la Direttiva Insolvency sancisce il principio che se non ricorrono alcune condizioni particolari (come il ricorso a nuova finanza, la riduzione del numero dei dipendenti di
oltre il 25%) non occorre l’omologazione da parte del Giudice. Questa rappresenta una novità non prevista dalla nostra legislazione, ed ha portato ad immaginare (ipotizzandola) una procedura come il già citato “PRO”.
Detto per inciso, con il consenso di tutte le classi si può derogare sia al criterio della par condicio creditorum (inderogabile però all’interno di ogni classe), sia alla regola della priorità assoluta del pagamento dei creditori secondo l’ordine delle prelazioni, e quindi al disposto dell’articolo 2740 codice civile per cui una parte maggiore dell’attivo può essere destinata o alla ripartenza dell’impresa, o facendo partecipare alla nuova iniziativa nuovi e vecchi azionisti.
Questo meccanismo corrisponde anche ad una situazione di maggiore libertà dell’imprenditore, che è soggetto ad un controllo del commissario giudiziale, ma non ha limiti al compimento degli atti di ordinaria e neanche agli atti di straordinaria amministrazione.
Accanto a queste ipotesi, si affianca il concordato preventivo liquidatorio che è simile a quello già esistente, mentre a cambiare sarà il concordato preventivo in continuità. Nel concordato preventivo in continuità infatti non è più richiesta la prevalenza dei flussi derivanti dalla continuità aziendale rispetto a quelli che possono derivare dalla liquidazione, e questo perché quella norma è stata giudicata eccessiva e posta al solo scopo di limitare gli abusi del ricorso ai concordati liquidatori fatti passare per concordati in continuità.
Il meccanismo di votazione
Cambia il meccanismo di votazione: si vota per classi, raggiungendo o la maggioranza della classi oppure applicando il meccanismo estero del Cross Class Cram Down, in Italia “Cram Down” (privato e fiscale) che è previsto dalla direttiva (ma non esisteva nel nostro ordinamento), in forza del quale la proposta può essere approvata se almeno una classe ha dato voto favorevole e le altre classi (che non votano o danno voto contrario) non sono pregiudicate dalla proposta e non vengano a percepire di meno di quello che otterrebbero in caso di ipotesi liquidatoria. È un meccanismo diretto a favorire l’approvazione del concordato e semplificarlo nei tempi e modi.
Appaiono fortemente “sterilizzate” quelle classi che non solo non potrebbero ottenere di più, ma cui viene privata la strada di eventuali azioni strumentali. All’interno delle classi la maggioranza è quella semplice per valore dei crediti, ma anche quella relativa dei votanti, purché si raggiunga un quorum di almeno il 75 %.
L’Italia nel recepire la direttiva ha recepito la scelta di default che la direttiva stessa dava agli stati membri.
Si segue l’ordine delle cause di prelazione, con cui è possibile dare ai creditori poco meno di quello che si percepirebbe secondo la regola della priorità assoluta, a condizione che venga percepito di più dei creditori di rango inferiore. Questo crea degli spazi (cd a maglia larga) che vengono utilizzati per rendere la proposta molto più attraente per quei determinati gruppi di creditori e per gli azionisti (poiché titolari di un credito al capitale), facilitando così l’attività di prosecuzione dell’ impresa.
Gli altri Stati dell’Unione Europea che già hanno recepito la Direttiva (Olanda, Francia e Germania) hanno tutti scelto la regola della priorità assoluta, con temperamenti rimessi all’apprezzamento più o meno vincolato del giudice.